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Il sogno di un figlio diventa business. 10 mila euro per i viaggi della speranza

Il sogno di un figlio diventa business. 10 mila euro per i viaggi della speranza
Per moltissimi anni le coppie italiane hanno alimentato il business dei centri privati stranieri che si occupano di riproduzione assistita. Fino al 2014, prima della famosa sentenza della Corte Costituzionale che ha dato il via libera alla fecondazione eterologa in Italia, all'incirca 5 mila coppie -qualcuno dice anche di più - andavano all'estero per sottoporsi alla tecnica di procreazione medicalmente assistita proibita in Italia, che prevedeva l'utilizzo di ovociti o liquido seminale di un donatore esterno alla coppia. Viaggi costosissimi, sfiancanti e purtroppo, spesso, infruttuosi, che per molte coppie rappresentavano l'unica speranza per coronare il sogno di avere un figlio. Un sogno che, sommando tutte le voci di spesa, arriva a superare i 10mila euro. Ora che anche il nostro paese ha dato il via libera alla fecondazione eterologa, ci si aspettava che le cose cambiassero. E sicuramente sono cambiate, ma non come ci si aspettava.

Le mete

Continuano infatti ad essere ancora molte le coppie che comunque decidono di andare all'estero. Le mete più gettonate sono la Spagna e la Danimarca. Questo perché il sistema della fecondazione eterologa ancora non funziona come dovrebbe. I motivi? A causa della scarsità di donatrici e della mancanze di attrezzature nei centri pubblici italiani, e anche in alcuni privati, molte coppie alla fine optano per il "viaggio della speranza". Specialmente le coppie più in là con gli anni, che di tempo per provarci -e soprattutto riuscirci -ne hanno ancora poco. Secondo i dati dei Centri Ivi (Istituto Valenciano di Infertilità), la meta spagnola principale degli italiani, dal 2012 al 2016 i cicli con ovodonazione a cui si sono sottoposte pazienti italiane nei Centri Ivi in Spagna sono stati più di 7 mila, quasi 3 mila le procedure di fecondazione omologa. L'affluenza non si sarebbe ridotta dopo il via libera dell'eterologa in Italia. Anzi.

La richiesta

"Se nel 2014 le prime viste sono state 1299, nel 2016 sono salite a quota 1671. E la richiesta continua", riferisce Daniela Galliano, direttrice di Ivi Roma. "Il 20% delle nostre pazienti -aggiunge- è rappresentato da donne di altra nazionalità; di queste, il 31% sono italiane, la più alta percentuale tra le straniere". [button link="https://www.danielagalliano.com/image/catalog/blog/2019/04/2018-02-24-il-messaggero.pdf" newwindow="yes"] Scarica il PDF[/button]