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Ovodonazione: come funziona e cosa comporta

Ovodonazione: come funziona e cosa comporta
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Vi racconto perché ho deciso di donare i miei ovuli

In Spagna l’ovodonazione è un gesto di generosità molto diffuso fra le giovani, a differenza dell’Italia, dove è una scelta possibile ma pochissime donne lo fanno. Il racconto dettagliato di una studentessa di Barcellona che ha scelto di sottoporsi alla donazione

Clara ha 23 anni e studia per diventare infermiera. Condivide la casa con un’amica a Barcellona ed è una delle 2.000 ragazze che ogni anno si rivolgono all’Istituto Valenciano per l’Infertilità per donare i propri ovuli. La incontro proprio in questa clinica all’avanguardia sul fronte delle tecniche per la procreazione assistita, nonché una delle più “internazionali” sul fronte del trattamento dell’infertilità, quella a cui tantissime coppie europee – italiani inclusi – si rivolgono nella speranza di poter avere un bambino.

DOVE E PERCHE’ SI FA UN’OVODONAZIONE
L’ovodonazione è attualmente possibile in Spagna, in Portogallo e in Inghilterra. Anche in Italia esiste la possibilità di donare gli ovuli, ma sono poche le donne che lo fanno, principalmente per la scarsa informazione a riguardo. Proprio per questa ragione, secondo gli ultimi dati diffusi dal Ministero della Salute, per la fecondazione eterologa (quella che prevede uno o due donatori esterni alla coppia), l’Italia è costretta a importare dall’estero ben il 95% degli ovociti: soltanto nel 2016, infatti, sono state registrate importazioni di 6.379 criocontenitori di ovociti (ogni criocontenitore raccoglie 6/7 ovociti) a fronte dei 3.304 registrate l’anno prima.
Ad avvalersi di queste donazioni sono donne con una riserva ovarica scarsa oppure affette da patologie che compromettono la capacità riproduttiva o, ancora, portatrici di anomalie genetiche che possono essere trasmesse al nascituro.
«L’ovodonazione è un trattamento che ha permesso in tutti questi anni di poter dare gravidanze e bambini sani a coppie che, per vari motivi, non avrebbero potuto averne», spiega la dottoressa Daniela Galliano, Direttrice del Centro IVI di Roma. «In Spagna esiste una forte cultura della donazione, molto diffusa soprattutto fra i giovani. Ed è per questo che tante ragazze, per motivi altruistici, scelgono di donare i propri ovuli».

COME SI FA UN’OVODONAZIONE
L’ovodonazione viene effettuata secondo criteri ben precisi: la donatrice deve avere un’età compresa fra i 18 e i 35 anni, buone condizioni di salute fisica e psichica, nonché una storia clinica personale e familiare che possa consentire di escludere malattie genetiche o a trasmissione sessuale. Donare ovociti non preclude la fertilità della donna, né determina una diminuzione della riserva ovarica, ma può essere considerata alla stregua di una donazione di sangue. L’unico limite è la quantità di ovodonazioni che una donna può compiere: non più di sei.
Il processo di ovodonazione avviene in maniera più semplice di quanto si creda comunemente. Nella clinica IVI di Barcellona, il primo step a cui si viene sottoposte è un’intervista generale attraverso cui l’équipe medica raccoglie informazioni sulla potenziale donatrice. Si procede quindi con la valutazione medica per verificare lo stato di salute e, superati questi primi due passaggi altamente selettivi (solo il 30% delle donne che si rivolgono a IVI vengono considerate idonee per la donazione), si procede con la stimolazione ovarica, in genere per circa 10 giorni, passando in seguito all’aspirazione follicolare, una procedura che dura circa dieci minuti, in anestesia totale.
Conclusa la donazione, l’équipe medica continuerà a seguire la donatrice anche a posteriori, per qualche mese. La stessa, inoltre, come prevede la legge spagnola, rimarrà anonima per chi si avvarrà della sua donazione e riceverà un piccolo compenso di circa mille euro quale sorta di “rimborso spese”.

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