Fumare in gravidanza è pericoloso per il nascituro. Eppure molte donne non smettono neppure quando aspettano un bambino. In occasione della Giornata mondiale senza tabacco, il 31 maggio, vediamo perché è importante dire subito addio alle sigarette e come farlo
La percentuale dei fumatori sta calando in tutta Italia ormai da diversi anni. Un’ottima notizia che deve incoraggiarci a combattere un’abitudine pericolosa per la salute individuale e pubblica. Nel 2019, secondo gli ultimi dati pubblicati dal Ministero della Salute, fumava abitualmente il 28% degli uomini e il 16,5% delle donne.
Oltre al cancro, alle malattie cardiovascolari, respiratorie e degenerative, il fumo di tabacco causa gravi problemi nella sfera della salute riproduttiva, come infertilità, complicazioni ostetriche in gravidanza e durante il parto, ritardo di crescita del nascituro. E, per il futuro del bambino, aumento del rischio di morte in culla, predisposizione alle malattie respiratorie e del metabolismo, problemi comportamentali e maggiore probabilità di diventare a sua volta un fumatore. Ogni sigaretta accesa fa danni che si estendono da una generazione all’altra.
Negli anni in cui di solito si mette su famiglia, la percentuale di fumatori, uomini e donne, è superiore alla media su tutte le fasce d’età. È consumatrice abituale di sigarette quasi una donna su 5 tra i 15 e i 44 anni e più di un uomo su quattro tra i 15 e i 44 anni. Anche i loro bambini, inevitabilmente, fumano: uno su quattro è esposto al fumo passivo nella propria casa. Come nuoce il tabacco alla salute riproduttiva e a quella dei figli? Nel corso degli anni le ricerche si sono moltiplicate e oggi non possiamo dire di non sapere.
Fumo e fertilità: se cerchi un bebè sappi che...
Le sostanze tossiche contenute nel fumo di tabacco si accumulano nelle ovaie, in particolare nel liquido follicolare che circonda gli ovociti, e provocano danni al loro DNA, rendendo gli ovociti inadatti al concepimento oppure portatori di difetti che possono trasferire all’embrione. “Il risultato è che la donna fumatrice impiega in media più tempo per concepire, con un ritardo che è proporzionale al numero di sigarette fumate ogni giorno”, dice Daniela Galliano, specialista di Medicina della Riproduzione e responsabile del Centro PMA di IVI di Roma. “E va in menopausa da 1 a 4 anni prima della media delle non fumatrici”.
La nicotina ha un effetto vasocostrittore: riduce l’apporto di sangue e quindi di ossigeno alla mucosa dell’utero, che diventa meno recettiva nei confronti dell’embrione. Si riduce pertanto la probabilità di impianto dell’ovocita fecondato, nei casi in cui il concepimento è stato spontaneo, ma anche nei casi in cui la coppia si è sottoposta a PMA. E aumenta il rischio di aborto spontaneo nelle prime settimane di gravidanza.
Non solo le sigarette tradizionali riducono la fertilità femminile, ma anche le cosiddette sigarette elettroniche, dispositivi che vaporizzano una soluzione liquida aromatizzata, a volte arricchita di nicotina, a volte no. Uno studio pubblicato sulla rivista Human Reproduction, condotto da Antonio La Marca, professore di ostetricia e ginecologia dell’Università di Modena e Reggio Emilia e consulente esperto in procreazione assistita per la Clinica Eugin di Modena, ha valutato gli effetti di alcune sostanze contenute nel vapore delle sigarette elettroniche, con o senza nicotina, su campioni di cellule della mucosa dell’utero. Risultato: la capacità della mucosa di accogliere l’ovocita fecondato risulta ridotta.
Il fumo di tabacco interferisce anche con la fertilità maschile. “Ogni sigaretta accesa determina una riduzione del numero degli spermatozoi e li espone al rischio di alterazioni genetiche”, dice Daniela Galliano. “La probabilità di concepire a ogni tentativo si abbassa, mentre in caso di avvio della gravidanza aumenta il rischio di aborto spontaneo dovuto a difetti genetici trasferiti dallo spermatozoo difettoso all’embrione”.
Anche per gli uomini le sigarette elettroniche, e non solo quelle tradizionali, sono nemiche della fertilità: il liquido vaporizzato, che contenga o meno nicotina, determina l’infiammazione del tessuto dei testicoli e una minore concentrazione degli spermatozoi.
Fumo in gravidanza: se aspetti un bebè sappi che…
Il fumo materno durante l’attesa aumenta il rischio di aborto spontaneo, ritardo della crescita intrauterina del nascituro, parto pretermine, basso peso alla nascita. E, per il bambino, c’è un aumento del rischio di sindrome della morte in culla, predisposizione a obesità, malattie polmonari e cardiovascolari, infezioni delle vie respiratorie e otiti, deficit mentali e comportamentali. Lo conferma il documento “Tobacco control to improve child health and development: thematic brief”, pubblicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità a marzo 2021.
La gravità dei danni prodotti dall’esposizione al fumo di tabacco in gravidanza è proporzionale al numero di sigarette consumate ogni giorno, ma non esiste una soglia di sicurezza sotto la quale il tabacco non è nocivo. L’ideale, per la salute di tutte le persone coinvolte, è smettere di fumare prima del concepimento, ma ridurre la quantità giornaliera è comunque meglio che non ridurla e smettere al primo trimestre è meglio che proseguire per tutta la gravidanza.
L’esposizione al fumo passivo della futura mamma comporta un maggior rischio di malformazioni a carico del nascituro e la sua predisposizione all’asma, alle malattie respiratorie croniche e alla leucemia linfoblastica acuta, un tumore del sangue. Ecco perché è bene che anche il futuro papà si impegni a rinunciare al tabacco quando la coppia pianifica una gravidanza.
Alcuni studi hanno dimostrato che l’esposizione al fumo in epoca prenatale ha un impatto intergenerazionale: anche i nipoti di donne che hanno fumato in gravidanza hanno un rischio maggiore di sviluppare asma nel corso della vita. Il meccanismo responsabile probabilmente è epigenetico: le sostanze tossiche contenute nel fumo non modificano il DNA del nascituro, ma bloccano o sbloccano l’espressione di determinati geni che predispongono alle malattie respiratorie, alterazione che in seguito viene trasmessa alla generazione successiva.
Fumo passivo e in allattamento: se hai un bebè sappi che ...
Il 70% delle donne che fumavano prima della gravidanza smette quando scopre di aspettare un bambino, ma il 18% di loro riprende a fumare entro 3 mesi dal parto e un altro 30% entro un anno dal parto. Di contro, il 35% delle donne che hanno continuato a fumare in gravidanza smette dopo il parto per non esporre il neonato al fumo passivo. La probabilità di smettere di fumare e non riprendere dopo il parto è positivamente associata all’allattamento al seno. È più probabile che smetta di fumare dopo la nascita la mamma che allatta al seno rispetto a quella che nutre il suo bambino con la formula ed è più probabile che non riprenda a fumare dopo il parto, se ha smesso in gravidanza.
L’esposizione al fumo di un neonato aumenta il rischio di SIDS, la cosiddetta sindrome della morte in culla. Probabilmente per l’azione della nicotina sui centri nervosi che regolano la respirazione e la capacità di svegliarsi spontaneamente quando si abbassa la concentrazione di ossigeno nel sangue, una sorta di sistema di sicurezza innato che previene il soffocamento nel sonno.
L’esposizione al fumo nei primi mesi e anni di vita aumenta, inoltre, il rischio di infezioni delle vie respiratorie, bronchiolite, otite e asma.
La neomamma fumatrice che allatta al seno trasferisce al piccolo diverse sostanze contenute nel fumo di tabacco attraverso il suo latte. Prima fra tutte la nicotina che nel latte raggiunge addirittura una concentrazione maggiore rispetto a quella nel sangue della fumatrice. Metabolizzata dal bambino, accelera il suo battito cardiaco e altera il funzionamento del suo sistema cardiocircolatorio. Inoltre, il latte prodotto da una donna fumatrice è più povero di acidi grassi omega-3, fondamentali per lo sviluppo del sistema nervoso del neonato, di vitamina C e di iodio, materia prima per la produzione di ormoni tiroidei da parte del bambino. E, per effetto delle sostanze aromatiche presenti nel fumo, il latte ha un sapore meno appetibile per il piccolo, che tende a mangiarne di meno.
Non basta che la mamma, il papà o qualunque altro adulto che si prende cura di un bambino si astenga dal fumare in sua presenza. La ricerca ha dimostrato gli effetti nocivi per la salute dei piccoli anche del fumo di terza mano. Con questa espressione si intende l’ingestione o l’assorbimento attraverso la pelle di sostanze tossiche provenienti dalla combustione del tabacco che rimangono depositate sulle superfici e intrappolate nei tessuti. Non è quindi sufficiente aprire le finestre e ventilare gli ambienti se un adulto fuma in casa quando il bambino è assente, perché i veleni contenuti nel fumo restano sulle superfici e i vestiti stessi del fumatore ne diventano veicolo quando prende il piccolo in braccio dopo aver fumato.
Addio alle sigarette: se vuoi smettere di fumare sappi che ...
La gravidanza e la nascita di un bambino sono ottime motivazioni per abbandonare l’abitudine al fumo e guadagnare tutti più salute. C’è chi ci riesce da solo e chi ha bisogno del sostegno di una persona qualificata.
Chi lo desidera, può rivolgersi a un Centro Antifumo. I consulenti del Telefono Verde contro il Fumo dell’Istituto Superiore di Sanità rispondono al numero 800554088 dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 16, in condizioni di rispetto dell’anonimato e forniscono informazioni, consigli utili per smettere e i contatti dei Centri Antifumo.
In Italia la legge 3/2003 vieta di fumare in tutti i luoghi chiusi pubblici e privati in presenza di donne in gravidanza e minori e il decreto legislativo 6/2016 lo vieta anche nelle automobili, nelle pertinenze esterne degli ospedali pediatrici e dei reparti di ginecologia, ostetricia, neonatologia e pediatria di tutti gli ospedali.
Mamme fumatrici: i dubbi più frequenti
1. Sono incinta e fumo solo 5 sigarette al giorno. Può andare bene?
“Fumarne venti è peggio che fumarne dieci, che è peggio che fumarne cinque, ma non esiste una soglia sotto la quale il rischio si annulla. L’unica soglia sicura è zero sigarette al giorno”, dice Riccardo Davanzo, neonatologo dell’Istituto Materno Infantile IRCCS Burlo Garofolo di Trieste.
2. Ho appena partorito e non riesco a smettere. Meglio che non lo allatti al seno?
“Alcune sostanze tossiche presenti nel fumo passano al latte, ma per proteggere il piccolo dai loro effetti bisogna smettere di fumare, non di allattare. Se la neomamma non riesce ad abbandonare il fumo, l’allattamento al seno è comunque preferibile rispetto alla formula”, risponde Davanzo.
3. Se smetto di fumare non riuscirò a perdere i chili di troppo che ho preso in gravidanza
“È vero che smettere di fumare spesso comporta un aumento di peso, ma di solito è un aumento contenuto, di 2-3 kg in media. Prestando attenzione all’alimentazione si può compensare questo effetto”, dice Vincenzo Zagà, pneumologo e presidente della Società Italiana di Tabaccologia.
4. Vorrei smettere ma da quando il bambino è nato sono troppo stressata e ho bisogno di una sigaretta ogni tanto
“Il fumo viene percepito come gesto consolatorio anti-stress, ma in realtà smettere comporta benefici di salute che contribuiscono anche alla serenità e al benessere. Bisogna avere la forza di fare il primo passo, magari con l’aiuto di un professionista qualificato di un Centro Antifumo”, risponde Zagà.