- PMA: tecniche innovative per tassi di successo sempre più alti
- Ovodonazione - Banca Centrale di Ovociti IVI, la più grande d’Europa: chi sono le donatrici spagnole e qual è l’esperienza delle riceventi italiane che si rivolgono a IVI
- L’identikit della donatrice ideale secondo italiane, inglesi e francesi
- Pazienti italiane in Spagna: quante sono, chi sono, cosa cercano
Preservazione della fertilità con crio-conservazione della corteccia ovarica o vitrificazione degli ovociti, ringiovanimento ovarico e test genetici sempre più predittivi. Questo lo scenario che si apre in riferimento alla PMA, che vede la ricerca scientifica impegnata su diversi fronti con il duplice obiettivo di favorire la nascita di bambini sani e aumentare il tasso di successo per ogni ciclo di PMA, grazie a trattamenti sicuri che possano garantire minori complicanze possibili alla donna.Tracciare e conoscere il cariotipo completo dell’embrione, utilizzare le cellule staminali nella creazione di gameti e per la rigenerazione dell’endometrio sono alcuni dei nodi nevralgici che saranno sciolti in futuro.
“Negli ultimi anni - sottolinea il Professor Antonio Pellicer, Presidente IVI – i progressi nel campo della fecondazione assistita hanno raggiunto risultati davvero sorprendenti e il futuro fa ben sperare. Noi di IVI da oltre 26 anni siamo impegnati in prima linea nella ricerca scientifica in collaborazione con enti universitari di primaria importanza come l’Università di Valencia e l’Università di Yale e attualmente siamo concentrati su diversi ambiti: dal ringiovanimento ovarico alla preservazione della fertilità fino allo studio sull’impiego delle cellule staminali nella medicina della riproduzione per rispondere sempre meglio alle problematiche delle nostre pazienti. Siamo inoltre molto attivi nell’ambito della ovodonazione per la quale abbiamo realizzato in Spagna la Banca Centrale di Ovociti più grande d’Europa che solo nel 2016 ha registrato 7.000 cicli di donazione”.
In Spagna le donatrici di IVI hanno un’età compresa tra i 18 ed i 35 anni, come da disposizioni legislative in materia e devono seguire un iter di controlli molto rigido. L’essere idonee alla donazione viene stabilito in una prima fase attraverso un’intervista personale e un colloquio con lo psicologo. Chi supera questo primo ‘screening’ viene sottoposto ad accertamenti clinici: ecografia, visita ginecologica ed esami del sangue. Solo il 30% delle candidate a essere ovodonatrice passa alla fase successiva, quella dei controlli sul cariotipo e il Test di Compatibilità Genetica (TCG) per verificare se siano presenti alterazioni cromosomiche che potrebbero portare a malattie genetiche nei nascituri.Questo l’identikit dell’ovodonatrice di IVI al termine del processo: una ragazza tra i 25 e i 26 anni, per la metà con figli; un terzo studia all’università, un terzo frequenta il liceo, circa il 40% è sposata o convive.