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Inchiesta: perché la metà delle italiane non diventano madri

Inchiesta: perché la metà delle italiane non diventano madri
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di Stefania Fiorucci

Anche le cicogne rischiano il pensionamento anticipato. Perché ormai per loro non c'è più tanto lavoro come una volta. Lo dice anche uno studio Istat, secondo cui la metà delle donne italiane in età fertile, ovvero dai 18 ai 49 anni non ha figli.Per quantificare con più precisione , cinque milioni e mezzo di possibili mamme non lo diventeranno mai. Neanche i numeri lasciano scampo: se nel 1926 i componenti di una famiglia erano in media 4,2, nel 2015 questo numero è sceso a 2,3.Inoltre l'età media delle donne che hanno il primo figlio è passata dai 25,9 anni del 1952 ai  30,8 del 2015.Il dato più clamoroso è il numero di figli per donna :nel 1926 erano 3,51, oggi solo 1,35:un numero non sufficiente a"rimpiazzare"l'attuale popolazione italiana.Che sta succedendo?Cosa fa scegliere alle donne potenzialmente in grado di dare alla luce una nuova vita di non farlo? Alcune volte non è proprio una scelta "consapevole":si ritarda infatti il momento della prima gravidanza in attesa dei tempi migliori, di realizzazione professionale, di raggiunta sicurezza economica e poi ci si abitua a tal punto a non averli che si accantona l'idea. Certo, anche  a livello sociale è necessario porsi una domanda:negli ultimi tempi, con la crisi che galoppa e il lavoro che scarseggia , è meglio fare figli per mantenere alto il numero della popolazione o è meglio programmare la cosa in modo che i bambini che arrivano siano voluti, amati, messi in grado di studiare e di non patire negli anni dell'infanzia problemi come povertà, instabilità economica e inesperienza dei genitori?C'è da dire che la maternità porta grandi problemi alle donne sul posto di lavoro. Sempre l'Istat ha rivelato che, di cento future mamme, il 48,8 risulta occupato, il 32,2 per cento non occupato, mentre il 14 per cento era occupato prima di partorire, ma subito dopo  ha dovuto lasciare il lavoro.Di questo 14 per cento solo la metà degli abbandoni sono volontari, perché la madre non sa dove lasciare il piccino visto che non ci sono asili nidi a sufficienza e spesso sono troppo costosi, e i nonni, visto l'allungamento dell'età lavorativa, non sono ancora in pensione e non possono prendersi cura dei nipotini. L'altra metà invece è costretta ad andar via dal posto di lavoro, perché una mamma lavoratrice costa molto di più all'azienda in termini di ore d'allattamento e permessi.Certo, il rinvio della maternità sotto il profilo strettamente fisiologico è un errore:è scientificamente provato che nelle donne  dopo i 38 anni c' è un calo drastico della capacità di procreare.Secondo il professor Antonio Pellicer, fondatore della clinica di fertilità IVI, le donne  dovrebbero avere maggiore  consapevolezza che la loro fertilità non è infinità.Si può certamente assistere a gravidanze spontanee dopo i 40 anni(nel pezzo che seguirà citiamo alcuni casi clamorosi avvenuti in Italia di recente),ma sono poco probabili e molto rischiose.«La donna»,spiega Pellicer,«nasce con circa un milione di ovociti, che iniziano a ridursi prima della pubertà, fino ad arrivare intorno ai 400 mila.Durante ogni ciclo mestruale ne"consuma" quasi 1000.Per questa ragione, dai 35 anni la riserva ovarica arriva a quasi il 10 per cento del totale e la qualità degli ovuli peggiore».Il risultato è che la maggior parte delle quarantenni quasi non possiede più ovuli adatti per la gestazione di un bambino senza problemi riproduttivi o cromosomici.I ricercatori dell'Università di St.Andrews, Scozia, quantificano addirittura solo in un 3 per cento la riserva ovarica delle donne la cui età si aggira intorno ai quarant'anni.Insomma se le donne di questa età si trovano nel proprio miglio momento sociale, emozionale, psicologico ed economico, la biologia non lo sa, e la migliore età per diventare mamme resta un'altra.

Conservare gli ovuli

Come invertire la tendenza per evitare il fenomeno delle"culle vuote"? «Il metodo c'è e sta avendo sempre una maggiore diffusione»,spiega la dottoressa Daniela Galliano, specialista in Medicina della riproduzione.«Si tratta della crioconservazione dei propri ovuli, raccolti in un periodo particolarmente fertile della vita per età e altre condizioni, per poi poterli fecondare in un secondo momento.Questo trattamento permette di mantenere gli stessi livelli di fertilità nonostante l'avanzare dell'età».Sono già tante le donne che negli ultimi otto anni hanno usufruito di questo tipo di tecnica.L'Italia, secondo la prestigiosa rivista specializzata Fertility and Sterility, è il quarto paese nel ricorso alla preservazione  della fertilità per motivi sociali dopo Francia,Israele e Regno Unito.«L'età più indicata per sottoporsi al trattamento di congelamento e conservazione dei propri ovuli è quella compresa tra i 30 e i 37 anni»,dice la Galliano, «visto che al compimento dei 38 la riserva ovarica femminile diminuisce sensibilmente cosi come la qualità degli ovociti.La preservazione della fertilità rappresenta un'opzione in grado di dare risposta all'esigenza di assecondare il desiderio di maternità anche in un contesto non favorevole al proprio progetto di vita».

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