Secondo l'indagine commissionata da IVI vi è poca consapevolezza sulle cause della patologia, ma anche e soprattutto sulle tecniche mediche in sostegno degli aspiranti papà
È una condizione che colpisce sempre più uomini, eppure permane molta ignoranza sulle sue cause e, soprattutto, sulle metodologie di aiuto, a partire dalla riproduzione assistita. Parliamo di infertilità maschile: pur interessando circa il 18% degli uomini italiani (fonte: Ixé*), si tratta di un tema ancora poco discusso all'interno della coppia, spesso oscurato da tabù radicati, difficili da abbattere.
A squarciare il velo su questo importante fenomeno è l'indagine condotta da IVI in collaborazione con l'Istituto di ricerca Ixé, su un campione di 614 individui di età compresa tra i venticinque e i quarantaquattro anni d’età. IVI, gruppo medico specializzato in fecondazione assistita, con oltre 65 cliniche in 9 nazioni del mondo, ha messo in luce una serie di dati importanti, scoprendo che un quarto degli intervistati sottostima l'incidenza della sterilità maschile.
Rispetto all'argomento, le percezioni di uomini e donne si sono rivelate nettamente differenti: mentre gran parte degli uomini sottostima la questione, limitando la diffusione del fenomeno al 10% della popolazione maschile, le intervistate attribuiscono il problema al 20% degli uomini. Le cause restano per lo più ignote: secondo l'80 degli intervistati, di ambo i sessi, l'infertilità maschile può dipendere da problematiche legate al liquido seminale, mentre il 59% del campione la attribuisce a problemi funzionali dell’apparato genitale. Il 6% degli uomini e il 10% delle donne intervistate non ne conosce i possibili strumenti diagnostici, anche se entrambi i sessi indicano tra i test più noti l'analisi del liquido seminale, seguito dalla visita urologica.
Secondo la D.ssa Daniela Galliano, Direttrice di IVI Roma, «si tratta di una questione culturale, non solo medica. Parlare di infertilità nel nostro Paese, specialmente di infertilità maschile, è ancora un tabù. A far riflettere è anche e soprattutto la risposta data alla domanda “nel caso in cui un uomo avesse il sospetto di avere un problema di infertilità, si recherebbero subito e spontaneamente in un centro specializzato o da uno specialista?”. Il 39% degli uomini ha risposto in modo affermativo, mentre solo il 26% delle intervistate crede che il proprio compagno sarebbe disposto a rivolgersi spontaneamente a uno specialista. Ancora soltanto il 9% degli uomini ha ammesso che si rivolgerebbe a un centro specializzato solo se spinto dalla compagna, a fronte del 20% delle donne che è convinto che il partner non ci andrebbe senza l'insistenza della donna».
Il punto è che, affinché il problema dell'infertilità maschile sia individuato e affrontato correttamente, occorre scardinare tali tabù, lavorando sulla sensibilizzazione e sull'informazione chiara e scientifica. Come ricorda Galliano, «la confusione innesca paure e insicurezze. Per esorcizzarle bisogna affrontare questo tipo di problemi per quello che realmente sono: patologie che, seppur non sempre curabili, non impediscono più all'individuo di sperare in una futura paternità». Informazione e tempismo restano due fattori chiave per progettare la genitorialità.
*Nota metodologica: la ricerca, commissionata da IVI, è stata realizzata dall’Istituto Ixè srl tramite indagine quantitativa campionaria via web (CAWI). La dimensione del campione, rappresentativa dell’universo (popolazione di età compresa tra 25 e 44 anni residente in Italia) è pari a 614 casi. Periodo di rilevazione: 31/08/2020-11/09/2020. Dir. San. IVI Roma: Dott.ssa Daniela Galliano.