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Tumori: madri dopo un cancro, a breve ovociti conservabili gratis a Roma

Tumori: madri dopo un cancro, a breve ovociti conservabili gratis a Roma

Oltre 700 pazienti in 8 anni a cliniche Ivi, nati 8 bebe' e 6 si 'attendono'

Roma, 3 feb. (AdnKronos Salute) - Diventare madri dopo il cancro è possibile. Un messaggio da lanciare in occasione della Giornata mondiale contro il cancro di domani e di cui si parla sempre più anche nel nostro Paese, dove la conservazione dei gameti prima delle terapie antineoplastiche è comunque meno diffusa rispetto all'estero. La Spagna è oggi all'avanguardia in questo campo e presso le cliniche Ivi (Instituto Valenciano de Infertilidad), fra le prime nella penisola iberica, a oggi sono 725 le pazienti che a partire dal 2007 si sono sottoposte a un trattamento di vitrificazione degli ovuli per preservare la fertilità in caso di malattia oncologica. E presto sarà possibile farlo gratuitamente anche in Italia, nella struttura recentemente aperta a Roma.

"Speriamo di poter estendere presto questo tipo di servizio gratuito anche in Italia - commenta la direttrice di Ivi Roma, la ginecologa Daniela Galliano - nella convinzione che la possibilità di preservare la fertilità, specie delle donne, sia un'opzione che è necessario conoscere e valutare dal momento che incide non solo sul futuro genitoriale delle persone affette da tumore, ma anche da un punto di vista psicologico sulla modalità di affrontare la malattia durante il suo corso".

A ricorrere a questo tipo di trattamento sono soprattutto pazienti affette da un tumore al seno, prima patologia neoplastica nelle donne con un'incidenza di 1 caso ogni 8 persone a livello europeo che ormai registra livelli di sopravvivenza superiori al 70%, motivo per cui diventa ancora più importante poter garantire alle pazienti, una volta superata la malattia, la possibilità di diventare madri. Le donne affette da tumore al seno rappresentano infatti il 64,6% del totale di chi si sottopone a trattamenti di preservazione della fertilità, seguite da quelle con linfoma di Hodgkin pari al 12,6% del numero complessivo. Per loro "viene applicato un protocollo di stimolazione ormonale a basso dosaggio e privo di rischi anche in presenza di una malattia oncologica", specifica Galliano.