Le statistiche relative alla procreazione assistita nel nostro Paese mostrano come gli italiani che decidano di intraprendere il percorso della Pma siano sempre più numerosi. Nel 2018 sono stati 14.139 i bambini nati dalle tecniche di fecondazione assistita contro i 13.973 del 2017, pari al 3,2% del totale dei bambini nati in quell'anno
La Procreazione medicalmente assistita (PMA) è l’insieme delle tecniche utilizzate per aiutare il concepimento in quelle coppie in cui il concepimento spontaneo sia impossibile o estremamente remoto. Le statistiche relative alla procreazione assistita nel nostro Paese mostrano come gli italiani che decidano di intraprendere il percorso della Pma siano sempre più numerosi.
Nel 2018 sono stati 14.139 i bambini nati dalle tecniche di fecondazione assistita contro i 13.973 del 2017, pari al 3,2% del totale dei bambini nati in quell'anno (Secondo l'ultima Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita del Ministero della Salute).
In Italia il ricorso alle tecniche di Procreazione assistita è disciplinato appunto dalla legge 40 del 2004, che, nel corso del tempo, ha subito importanti modifiche. È caduto, per esempio, il divieto di accesso alla Pma per le coppie fertili portatrici di malattie genetiche o quello alla fecondazione eterologa (con gameti donati da individui esterni alla coppia): a differenza di altri Paesi europei, però, in Italia la fecondazione eterologa è ancora preclusa per le coppie omosessuali e per le donne single ed è consentita soltanto per le coppie eterosessuali. Nonostante, quindi, rispetto al passato si sia verificata una notevole apertura sull’argomento, nel nostro Paese permangono ancora dei limiti stabiliti dalla legge.
Oggi le tecniche di PMA sono associate a buoni risultati: in generale la quota di gravidanze monitorate ottenute da tecniche di secondo e terzo livello, sia a fresco che da scongelamento, che arriva al parto è il 73,7%.
Osservando la distribuzione degli esiti negativi di gravidanze per età delle pazienti, appare evidente come il rischio che una volta ottenuta la gravidanza, questa non esiti in un parto, è direttamente proporzionale all’età della paziente. Nelle pazienti con meno di 35 anni, la quota delle gravidanze con esito negativo è pari al 20,4%, quota che aumenta con il crescere dell’età, fino a giungere al 57,8% per le pazienti con età pari o maggiore di 43 anni. In generale nel 2018, le pazienti con più di 43 anni hanno avuto un rischio circa 5 volte maggiore delle pazienti più giovani, di interrompere la gravidanza per il verificarsi di un evento negativo.