
Il 2015 è stato per la fecondazione assistita un anno fondamentale in Italia, dove la materia è regolata con la legge 40 del 2005, un testo piuttosto restrittivo che escludeva una serie di possibilità d'intervento ammessa invece in altri Paesi d'Europa.
Giocoforza, quindi, molte coppie italiane negli anni si rivolgevano a cliniche per la fertilità situate in altre nazioni, nelle quali erano certe di trovare la risposta alle loro necessità e soprattutto un ambiente ospedaliero nel quale determinate pratiche cliniche e terapie erano ormai uso comune.
Undici anni dopo l'entrata in vigore, la legge 40 sulla fecondazione assistita ha ricevuto però quest'anno una serie di "colpi" da parte dei giudici della Corte Costituzionale destinati a modificarne notevolmente la portata. Dapprima è stato cancellato l'obbligo di impianto di massimo tre embrioni tutti insieme e poi il divieto di fecondazione eterologa, momento fondamentale della "demolizione" della legge 40, che era stato oggetto di strenue resistenze. L'ultimo "divieto", caduto nel maggio scorso, si riferisce alla diagnosi pre-impianto.
"A questo proposito- dice la ginecologa Daniela Galliano- nei Centri Ivi, non solo eseguiamo la diagnosi pre-impianto in casi di coppie portatrici di malattie genetiche, ma anche in caso di donne in età avanzata, in cui le probabilità di generare embrioni non sani dal punto di vista cromosomico è molto alta. Tali embrioni, se trasferiti senza essere studiati, possono causare aborti o problemi come la sindrome di Down".
IVI, affinché i pazienti riescano ad avere figli sani, si sforza di adattare i suoi procedimenti alle conoscenze scientifiche e tecniche più avanzate disponibili, al fine di ridurre il rischio di malattie genetiche ereditarie o infettive e che il rischio associato all'uso dei loro gameti sia minimo.
"Il test di compatibilità genetica di cui disponiamo - continua la dottoressa Daniela Galliano- si basa su una tecnica innovativa che con un semplice prelievo di sangue analizza il DNA del padre e della madre e per i cui risultati ci vuole un mese. I portatori di solito sono persone sane, ma quando i due genitori sono portatori di un'alterazione dello stesso gene, è possibile che il loro figlio nasca affetto dalla malattia provocata da quest'alterazione. Con questo test possiamo rilevare fino a 600 malattie ".
La dottoressa Daniela Galliano da giugno scorso dirige a Roma la prima sede italiana di IVI, l'istituto per la procreazione assistita nato nel 1990 a Valencia, in Spagna, e presente oggi in 10 diversi Paesi con 41 cliniche. A questi si unisce ora il nuovo centro di Roma che si pone in Italia come uno degli istituti più all'avanguardia in materia di procreazione assistita.
"Noi portiamo in Italia la nostra esperienza e la professionalità che abbiamo acquisito in 25 anni di attività- spiega la Dottoressa Galliano- Dal giugno scorso abbiamo già incontrato più di 500 coppie che desiderano avere un figlio e se si pensa che nel mese di agosto eravamo fermi, si capisce come il bisogno di una struttura come la nostra sul territorio italiano fosse davvero sentito ".
I Centri Ivi sono sia cliniche per la fecondazione assistita sia un centro di ricerca. In quanto clinica fornisce tutti i trattamenti e le metodiche disponibili al massimo livello di qualità e di innovatività. In quanto centro di ricerca si seguono diversi campi innovativi di sperimentazione come, ad esempio, da circa un anno, il ringiovanimento ovarico.
"Abbiamo ripreso una tecnica usata negli anni Novanta e l'abbiamo migliorata - spiega la Dottoressa Galliano- . In sostanza il 40 per cento delle donne che si rivolgono alle strutture per la procreazione assistita è già in pre-menopausa o in menopausa, produce quindi ovuli di scarsa qualità e usa pertanto ovuli donati da altre donne più giovani.
La tecnica che stiamo sperimentando e che si chiama Augment non prevede l'impiego di ovuli di altre donne e usa i mitocondri che producono energia e che la paziente ha nel proprio organismo per migliorare la vivacità e l'energia degli ovuli della paziente medesima, con il risultato di renderli più attivi e ricettivi ne momento della fecondazione.
Da qualche mese stiamo fornendo Augment gratuitamente nei nostri centri alle nostre pazienti, se hanno un'età inferiore ai 42 anni. È una fase importante della ricerca perché nel mondo vi sono stati alcuni risultati positivi con l'impiego di questa tecnica, ma sinora non è mai stato eseguito uno studio randomizzato ed è appunto quello che noi intendiamo fare".
Il lavoro della clinica Ivi riguarda invece la coppia e segue un iter piuttosto preciso. "Anzitutto - spiega la Dottoressa Galliano- sottoponiamo la coppia a una prima visita nella quale esaminiamo a tutto tondo i problemi e le necessità che ci vengono sottoposti. Attualmente quasi il 90% delle coppie trova una soluzione al proprio problema grazie alla procreazione assistita. In questa prima visita il medico comincia l'esame con una valutazione della storia clinica di entrambi, degli eventuali precedenti di procreazione e dei trattamenti a cui ci si è sottoposti in precedenza, o a cui ci si sta sottoponendo nell'epoca della visita. Il medico decide gli esami aggiuntivi che ritiene opportuni (anche circa la qualità dello sperma) e determina la necessità di una visita ginecologica".
A questo punto con i referti si stabilisce il trattamento di fertilità da realizzare, i medicinali necessari e gli eventuali esami complementari al trattamento. Eseguita anche questa parte del percorso si può quindi procedere con l'inseminazione artificiale oppure con la fecondazione in vitro, autologo oppure eterologa, oggi consentita anche in Italia e per la quale è necessario attivare l'istituto dell'ovodonazione,
I centri Ivi in Spagna hanno creato la maggior rete di donatrici del paese, attraverso un programma di qualità assistenziale sia per la donatrice, sia per la ricevente, senza liste di attesa e in cui la donazione è completamente anonima. Le cliniche IVI vantano una percentuale di gravidanze con donazione di ovuli al terzo tentativo del 96% e gestisce, inoltre, una delle maggiori banche di ovociti del mondo (per donazioni annue e per ovociti vetrificati all'anno).
"L'apertura della sede di Roma è stato un passo importante per il nostro gruppo e ci consente di assistere le coppie italiane in tutto il percorso, dalla diagnosi all'esito finale, in Italia limitando la necessità di viaggiare in Spagna solamente per la fase più delicata, ovvero quella del prelievo di ovuli e seme destinati alla fecondazione in vitro e per l'impianto successivo nell'utero della madre oppure per il campione seminale e il trasferimento degli embrioni per l'inseminazione. Si tratta di pochi giorni al termine dei quali le coppie tornano in Italia per continuare ad essere seguite, sia dal punto di vista clinico, sia da quello psicologico, nelle prime settimane di gravidanza dal personale del centro italiano. Il nostro obiettivo a medio termine è però quello di svolgere in Italia tutte le fasi del percorso".
Sul piano psicologico l'Istituto supporta le pazienti che non sono in grado temporaneamente di avere un figlio anche attraverso le tecniche di preservazione della fertilità, che offrono la possibilità di posticipare la maternità a tutte le donne che desiderano farlo o alle pazienti oncologiche. È un problema che riguarda molte donne: le pazienti con diagnosi di cancro che saranno sottoposte a chemioterapia o radioterapia, o quelle colpite da malattie autoimmuni per le quali ci sarà bisogno di chemioterapia, in caso di trapianto di midollo osseo o di donne a rischio di subire ripetuti interventi chirurgici dell'ovaio, come ad esempio le pazienti affette da endometriosi.